L’11 settembre 1973 il generale Augusto Pinochet attua il colpo di Stato che rovescia il governo socialista di Salvador Allende.
Il generale Augusto Pinochet guidò il colpo di stato che l’11 settembre 1973 mise fine al governo di Salvador Allende.
Gli antefatti
Il leader del Partito Socialista aveva vinto le elezioni del 1970, con il 36% dei voti. Non avendo raggiunto la maggioranza assoluta, l’elezione a presidente fu votata dal Congresso: i democristiani di Frei votarono Allende come presidente, a patto però che firmasse uno “Statuto di Garanzie Costituzionali” nel quale garantiva che le sue riforme socialiste non avrebbero stravolto nessun elemento della Costituzione cilena.
La via marxista intrapresa dal neopresidente non portò i risultati sperati: le nazionalizzazioni portarono lo Stato a controllare gran parte delle attività produttive con la fuga degli investitori stranieri. Il tasso di inflazione toccò le tre cifre!
Il tentativo di sfiduciare Allende
Il Parlamento tentò di sfiduciare Allende, approfittando del suo calo di consenso anche in Unidad popular, senza ottenere la maggioranza. La dichiarazione doveva ottenere i due terzi dei parlamentari: passò alla Camera dei deputati con 81 voti favorevoli e 47 contrari, ma non ottenne la maggioranza dei due terzi del Senato, costituzionalmente necessaria per condannare il presidente per abuso di potere.
Il golpe di Pinochet
Già a fine giugno ’73 il colonnello Souper circondò la Moneda ma il suo tentativo fallì per l’intervento del generale Carlos Prats, fedele ad Allende. Questi venne nominato Comandante in capo delle forze armate ma fu costretto a dimettersi a agosto. Così, il presidente incaricò lo stesso Pinochet.
Il Cile era ormai nel caos e l’11 settembre il generale attuò il colpo di stato, entrando nella Moneda: con molta probabilità Allende morì suicida.